SEZIONE "G. MAZZINI" MASSA

Biodigestore a Massa. La posizione del PRI.

Il PRI di Massa segue con interesse e preoccupazione lo sviluppo che sta prendendo il ciclo dei rifiuti nel nostro territorio. Da diversi anni e soprattutto nella campagna elettorale delle ultime elezioni comunali abbiamo invitato i vari candidati e le forze politiche presenti nella competizione elettorale ad esprimersi su questo argomento delicato e strategico per l’ambiente e impegnativo per le finanze. Sappiamo tutti benissimo qual è l’importanza della raccolta e del riutilizzo dei rifiuti, i loro costi ed il loro impatto sull’ambiente. Argomenti che forse purtroppo sono stati considerati troppo seri e complessi per essere trattati in campagna elettorale, soprattutto da chi ha governato in passato e quindi ha inciso sulle decisioni adottate ma anche su quelle non adottate.

È notizia di questi giorni che la Conferenza dei servizi convocata dalla Direzione Tutela dell’Ambiente ed Energia Settore Autorizzazione Rifiuti della Regione Toscana ha dato il sì definitivo all’installazione dell’impianto Biodigestore nell’area del Cermec, un’area Sir (Siti di bonifica di interesse regionale) da bonificare prima dell’avvio dei lavori. Si tratta di un biodigestore anaerobico che prenderà il posto dell’impianto attuale, una sorta di messa a nuovo (revamping) dell’esistente impianto di compostaggio, un impianto in grado di ricavare nuova materia (compost) ed energia (biometano) dai rifiuti organici raccolti in modo differenziato nell’area Ato costa (Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) comprendente tutti i comuni delle province di Livorno (esclusi i comuni di Campiglia Marittima, Castagneto Carducci, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto) Lucca, Massa Carrara e Pisa. La gestione delle attività del ciclo dei rifiuti urbani fino ad oggi frammentato tra Nausicaa, Asmiu e Cermec sarà conferita a Retiambiente, gestore unico (e interamente pubblico) dei servizi d’igiene urbana lungo la Toscana costiera. Dai comuni dell’Ato costa, secondo i dati forniti dal Cermec, provengono ad oggi oltre 118mila tonnellate di rifiuti organici e circa la metà di questi rifiuti – per un massimo di 60mila tonnellate – dovrà essere conferita nel biodigestore Cermec. Da questi rifiuti, l’impianto sarà in grado di recuperare energia rinnovabile (4.757.080,32 Nmc/anno di biometano, senza previsione di accumuli ma con immissione diretta in rete) e 25.655,51 ton/anno di compost.

Da quando è stato presentato il progetto sono sorti numerosi comitati cittadini per contrastarlo poiché esso è stato portato avanti senza un coinvolgimento della cittadinanza. I comitati hanno deciso in questi giorni di inviare a tutte le Autorità competenti (in particolare ai presidenti delle province e ai sindaci dei comuni coinvolti) un atto di significazione e di diffida per invitarle a non autorizzare il progetto. Secondo i comitati il progetto presenta lacune nel trattamento di alcune fasi della lavorazione dei rifiuti, la più problematica delle quali sembra essere quella relativa allo scavo per la realizzazione delle fondazioni dei pali, giacché la falda freatica è presente ad appena un metro e mezzo sotto il piano campagna. Sempre i comitati sottolineano che la falda stessa risulta oggetto di procedure approvate di Messa In Sicurezza Operativa (Miso) e Messa In Sicurezza di Emergenza (Mise) e non sono state valutate in termini di impatto le interazioni tra scavi e falda in relazione agli impianti di Miso e Mise previsti. Inoltre, prima dell’inizio dei lavori dovrebbero essere portate a termine le operazioni di bonifica dell’area inquinata da agenti chimici residui delle lavorazioni delle ditte presenti nel passato giacenti in quella zona da molti decenni. Viene messo in evidenza che per la realizzazione di tali opere e per bonificare quella che ormai da molto tempo viene definita la ‘montagnola’, un cumulo di rifiuti provenienti dalla dismissione dell’inceneritore che staziona nella zona dalla fine degli anni ’70, al Cermec, che oltretutto nel 2022 ha chiuso il bilancio con una perdita di oltre 2 milioni di euro, servirebbero ingenti finanziamenti. Ci si chiede dove verrebbero trovate le risorse finanziarie necessarie. Inoltre, i comitati, rifacendosi a quanto affermato dal prof. Gianni Tamino, docente di biologia dell’Università di Padova, sostengono che la produzione di biometano non è economica in quanto ha un basso rendimento energetico e non è pulita; produce odori molesti e inquinanti atmosferici (polveri sottili, ossidi di azoto). A questo si aggiunge anche l’apprensione per i possibili danni per la salute e per l’ambiente che l’impianto può generare in quanto secondo i comitati la lavorazione dei rifiuti non è innocua poiché viene prodotto il digestato, il residuo del processo di digestione anaerobica, che contiene una carica microbica pericolosa per l’agricoltura e per la salute.

Il Cermec in un comunicato del 17 febbraio 2023 aveva fatto sapere ai comitati dei cittadini che il progetto prevede la minimizzazione delle ricadute ambientali negative dell’impianto. In particolare, il CERMEC aveva precisato che il progetto aveva previsto l’adozione di tutte le Bat (best available techniques, le migliori tecniche disponibili) volte al contenimento, prima, e all’abbattimento, poi, delle molecole responsabili delle emissioni odorigene, principalmente basate su sistemi di tenuta in depressione, aspirazione forzata e invio delle arie esauste ad un biofiltro. Per quanto riguarda i finanziamenti dovrebbe essere Retiambiente ad anticipare le risorse necessarie per le operazioni di bonifica.

A favore dell’impianto si sono schierati anche gli ambientalisti, in particolare Legambiente di Massa e Montignoso, secondo i quali, pur chiedendo degli interventi migliorativi, in particolare sotto i profili delle emissioni in atmosfera, dell’impiego della risorsa idrica e del traffico derivante dai conferimenti di rifiuti agli impianti, chi dice no a tutto è un sostenitore di fatto di discariche e inceneritori. Gli ambientalisti sostengono che per gestire i rifiuti, gli impianti sono indispensabili. Secondo le associazioni ambientalistiche l’impianto così come progettato, sarebbe competitivo ed efficace nel ciclo dei rifiuti, a partire dall’ubicazione in quanto l’impianto di compostaggio è già esistente nella zona industriale; quindi, si tratta solo di un miglioramento impiantistico. Sulla produzione e il consumo di energia, secondo gli ambientalisti il biometano prodotto e immesso in rete contribuirebbe a ridurre il prelievo del gas fossile e la dipendenza energetica. Inoltre, essendo un ‘impianto integrato’, che punterebbe anche a produrre compost nella seconda fase di compostaggio, esso rappresenterebbe la tecnologia più avanzata ad oggi disponibile atta ad ottimizzare il processo di riciclo dell’umido. Secondo Legambiente è vero che un impianto integrato che produce biometano è più energivoro di un impianto di compostaggio, ma il saldo energetico complessivo è positivo anche da un punto di vista economico mentre in un impianto di solo compostaggio l’energia viene solo consumata. Il compost inoltre, assicura Legambiente, nel processo misto aerobico e anaerobico, garantirebbe sicurezza sotto tutti i profili, compresi i batteri anaerobi clostridi responsabili di malattie gastrointestinali e altri patogeni, e il prodotto finale, dopo essere stato analizzato secondo i parametri indicati dalla normativa, potrà essere commercializzato e utilizzato nella produzione di colture bio solo se ritenuto idoneo. Infine, sempre secondo Legambiente, la fase anaerobica garantirebbe anche una diminuzione delle emissioni odorigene.

Le associazioni ambientalistiche chiedono comunque in relazione ai tre punti critici sopra evidenziati soluzioni tecniche efficienti e “certe” in grado di evitare l’emissione in atmosfera dell’anidride carbonica prodotta dai processi di raffinazione del biogas, di integrare il progetto «con uno specifico uso delle acque derivanti dal trattamento delle acque di falda, recuperandole per uso industriale anziché immetterle in corpo idrico suberificale», di valutare «l’opportunità di impartire specifiche prescrizioni logistiche e gestionali che evitino – o quanto meno limitino fortemente – la sosta sulle strade pubbliche dei mezzi in attesa di conferire i rifiuti»

È evidente come la realizzazione dell’impianto stia producendo una conflittualità elevata sia tra cittadini e istituzioni sia tra gruppi di cittadini stessi. Di fronte a ciò ci chiediamo se sia stato fatto tutto il possibile per evitare una tale situazione conflittuale. Il problema dell’installazione di un impianto del genere a forte impatto ambientale per le dimensioni del volume dei rifiuti trattati e del traffico di automezzi che si creerà per conferirli nel Biodigestore non può essere affrontato senza una partecipazione attiva della cittadinanza per evitare da un lato di difendere atteggiamenti opportunistici del tipo tutto può essere fatto purché lontano da dove viviamo e dall’altro di provocare danni irreparabili in un territorio fragile  come il nostro per non aver seriamente preso in considerazione dubbi, perplessità, obiezioni fondate.

Già nel 2021, prima della nascita dei comitati, il Partito Repubblicano di Massa, dopo un confronto serio e costruttivo con l’allora amministratore del CERMEC, era uscito sulla stampa con un comunicato in cui si prendeva atto dello sforzo di razionalizzazione e di programmazione della struttura da parte della nuova gestione che garantiva un credibile recupero economico e una positiva prospettiva futura per il Cermec, creando le condizioni per il rilancio di un impianto importante per l’autonomia provinciale nella gestione del ciclo dei rifiuti, con conseguente acquisizione di know-how e con positive conseguenze occupazionali per i dipendenti. In particolare, si apprezzava il progetto mirato al raggiungimento della chiusura del ciclo nell’ambito del “verde” e della “raccolta differenziata” con esiti assai significativi anche per quanto riguarda la produzione di compost di elevata qualità e di bio-metano utilizzabile per usi domestici.

Nello stesso tempo si evidenziava la preoccupazione per la realizzazione dei nuovi impianti necessari per la produzione bio-metano in un sito che forse appariva poco adatto alla presenza di un impianto del genere. A tale riguardo chiedevamo che eventuali criticità del progetto fossero affrontate dalle Amministrazioni locali con la cittadinanza e che fossero fornite risposte ed assicurazioni ufficiali dagli organi di controllo competenti. Chiedevamo inoltre che l’iniziativa, pregevole sotto l’aspetto economico e finanziario, fosse accompagnata da una serie di rigorosi controlli volti alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei turisti, ivi compreso l’introduzione del mai realizzato registro dei tumori. Sollevavamo inoltre dei dubbi sulla sicurezza dei controlli quando tutto il ciclo dei rifiuti sarà gestito da una società interprovinciale quale Retiambiente.

Confermiamo il contenuto di quel comunicato perché ci preoccupano le conseguenze che può avere sul nostro territorio la costruzione dell’impianto che l’ATO costa intende realizzare, un impianto certamente di nuova generazione, utile, moderno e strategico per il ciclo dei rifiuti, ma che per la sua ubicazione a ridosso dei campeggi e di nuclei abitati e per la mole di traffico di pesanti automezzi ricolmi di rifiuti che l’impianto richiederà solleva molti dubbi circa l’opportunità di realizzarlo dove il progetto prevede. Ci si chiede inoltre se non fosse più opportuno pensare a una serie di impianti più ridotti come dimensioni distribuiti su tutto il territorio dell’Ato costa, come sono presenti in molte aree del Nord Italia in modo da ridurre il carico economico e ambientale dei trasporti e favorire la prossimità dei prodotti del riciclo al luogo di utilizzo.

Come repubblicani non possiamo che esprimere la nostra condivisione e la vicinanza ai cittadini che sollevano dubbi e chiedono di partecipare attivamente al processo decisionale perché il nostro territorio ha già subito fin troppe ferite non ancora rimarginate per dover subirne altre. Ci chiediamo se i partiti che governano o che hanno governato i comuni del nostro territorio non hanno nulla da dire ai cittadini rispetto alla problematica dei rifiuti, se sono favorevoli alla realizzazione di questo impianto e all’entrata nella società consortile dei rifiuti che dovrà gestirlo. Crediamo pertanto sia opportuna l’apertura di un pubblico dibattito e di un confronto serio sulla base di evidenze scientifiche sulle tematiche che riguardano l’impianto, dibattito e confronto che ad oggi sono mancati.

 

Note sull'autore

Aggiungi commento

SEZIONE "G. MAZZINI" MASSA

Categorie articoli