
Parlare di scuola nell’ambito di una tematica che riguarda essenzialmente i problemi di tipo urbanistico significa affrontare il tema degli ambienti di apprendimento o almeno della componente fisica degli ambienti d’apprendimento. Un ambiente di apprendimento, infatti, è una struttura complessa che comprende elementi fisici ed elementi relazionali. Un ambiente di apprendimento è determinato sia dal luogo in cui si apprende, dalle sue caratteristiche, dagli oggetti che sono a disposizione, sia dai soggetti che interagiscono in quel luogo, dai docenti e dagli allievi che instaurano specifiche relazioni verbali e comportamentali.
Gli aspetti relazionali, le modalità d’uso sia del luogo che degli oggetti che si trovano al suo interno riguardano essenzialmente la didattica e quindi l’autonomia delle scuole. Il problema del luogo, degli oggetti, degli arredi invece riguarda più soggetti anche diversi dall’istituzione scolastica. Sono infatti gli enti locali che debbono provvedere alla fornitura degli edifici e alla loro manutenzione, alle forniture anche delle suppellettili, ad eccezione di quelle specificatamente didattiche come quelle dei laboratori o quelle tecnologiche che spettano alle scuole. Spetta inoltre agli enti locali e alla Regione la programmazione della distribuzione delle scuole sul territorio, in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale che deve provvedere alla designazione del personale scolastico.
È evidente quindi la complessità della gestione del sistema scolastico nel suo insieme. Ma, per tornare al problema della fornitura e della manutenzione degli ambienti d’apprendimento, è necessario sottolineare che la dimensione fisica dell’ambiente di apprendimento è una delle condizioni fondamentali perché un processo formativo raggiunga il suo obiettivo. Ambienti di apprendimento degradati, insufficienti, obsoleti, non favoriscono l’instaurarsi di una proficua relazione formativa.
La recente epidemia legata al Covid ha messo in primo piano anche l’importanza di avere a disposizione per la sicurezza igienica e sanitaria spazi abbondanti e ben areati. Inoltre, è necessario l’abbattimento di tutte le barriere architettoniche in tutti gli edifici scolastici per permettere a tutti i bambini e le bambine, a tutti gli studenti e le studentesse, al personale, alle famiglie e a tutti i soggetti coinvolti di accedere senza difficoltà alle strutture e ai locali. Infine, non secondario è il problema della sicurezza degli edifici per quanto riguarda sia i rischi dovuti alle possibilità d’incendio, sia quelli legati ad eventi sismici.
Negli ultimi decenni gli enti locali non sono stati in grado di svolgere il loro compito nel campo dell’istruzione della formazione non solo per loro colpa, ma anche per l’inadeguatezza dei finanziamenti da parte dei vari governi che si sono succeduti alla guida del Paese almeno dalla fine degli anni Ottanta. Non sembra che la scuola sia una delle tematiche al centro degli interessi della politica nazionale. La ricaduta di tale disinteresse coinvolge forzatamente anche gli enti locali preposti a fornire gli strumenti essenziali allo svolgimento del servizio scolastico.
Il patrimonio edilizio scolastico locale è ingente ed è gestito da soggetti diversi. Gli enti locali che infatti hanno competenze in questo settore sono essenzialmente due: l’Amministrazione provinciale, cui spetta la programmazione e la manutenzione degli edifici delle scuole secondarie del secondo ciclo( licei e istituti tecnici e professionali), e l’Amministrazione comunale, cui spetta invece la programmazione e la manutenzione degli edifici delle scuole del primo ciclo (infanzia, primaria e secondaria di primo grado). I criteri per la gestione di tale patrimonio dovrebbero essere quelli di una gestione programmatica degli interventi necessari per garantire prima di tutto la sicurezza e l’efficienza, in particolare dell’efficienza energetica, con l’obiettivo di ridurre gli sprechi e ancor più di avvicinarsi a forme di autonomia energetica legata a fonti d’energia rinnovabile, e poi la fornitura di adeguati ambienti di apprendimento indispensabili per una didattica di qualità e per l’efficacia formativa sulla base di una programmazione orientata sui tempi lunghi del fabbisogno formativo facilmente prevedibile, almeno per il primo ciclo, in quanto sono oramai nati tutti i bambini che frequenteranno le aule di tale livello scolastico nei prossimi quindici anni. Più difficile invece è la programmazione del secondo ciclo in quanto il fabbisogno in tale livello scolastico è legato anche alle scelte della tipologia di indirizzo da parte degli studenti che la normativa attuale colloca intorno al quattordicesimo anno d’età, all’inizio del secondo ciclo, la scuola secondaria di secondo grado. La programmazione degli interventi inoltre dovrebbe tenere conto anche dei bisogni espressi dai cittadini e dalle varie entità culturali ed economiche presenti sul territorio a livello locale, partendo dal presupposto che la scuola non è soltanto un punto di erogazione di un servizio pubblico di carattere soggettivo, come può essere in parte, ad esempio, il servizio sanitario, ma anche un centro di aggregazione sociale e culturale, se aperta al contributo attivo delle famiglie e della cittadinanza, e, nel caso delle scuole del secondo ciclo ad indirizzo tecnico e professionale, un luogo di preparazione della forza lavoro qualificata, di tecnici, artigiani, operatori nei vari settori dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi, una forza lavoro che può dare impulso all’economia locale se adeguatamente sostenuta da una politica di rilancio della produzione.
La gestione di patrimonio edilizio scolastico invece troppo spesso si è ridotta, anche per la mancanza di adeguati finanziamenti, ad interventi legati all’urgenza in presenza di danni o di episodi atmosferici contingenti. Recentemente, soprattutto nel secondo ciclo, grazie soprattutto ai fondi del PNRR, sono stati avviati profondi interventi sulla manutenzione degli edifici che per il momento stanno creando notevoli disagi per l’utenza, ma che in prospettiva dovrebbero, almeno in parte, modificare la grave situazione di degrado che interessa la maggior parte degli edifici scolastici destinati agli istituti scolastici di tale ciclo scolastico. Nel Comune di Massa sono presenti numerose ed importanti scuole secondarie del secondo ciclo, dal liceo classico e quello linguistico e delle scienze umane Rossi- Pascoli, al liceo scientifico e a quello sportivo Fermi, al liceo artistico Palma, all’istituto tecnico industriale e al liceo delle scienze applicate Meucci, agli istituti professionali Barsanti e Salvetti, all’istituto alberghiero Minuto. Ciascuna di queste scuole ha esigenze specifiche in termini di laboratori, attrezzature, spazi comuni quali aula magna e/o auditorium, biblioteche, palestre, campi da gioco. Tutte le scuole del nostro comune invece sono ospitate in edifici vetusti, con carenza di aule; spesso hanno laboratori non utilizzabili o trasformati in aule per mancanza di spazi, palestre inadeguate. Basti pensare che la sede del liceo classico è chiusa per lavori di ristrutturazione e le aule sono momentaneamente ospitate nello stabile dell’ex ‘Vallerga’. Nel liceo Pascoli l’aula magna è stata spezzettata con separatori parziali e insufficienti sia dal punto di vista sonoro che climatico per ricavare tre aule del tutto inadeguate allo svolgimento delle lezioni. L’alberghiero Minuto, in attesa della ricostruzione della sede centrale, deve svolgere le lezioni in una costellazione di sedi distanti tra loro e utilizzando laboratori fondamentali per l’indirizzo appoggiandosi a privati. L’istituto professionale Barsanti è ospitato in una sede provvisoria in quanto la sua sede storica è in fase di demolizione e ricostruzione. Il tecnico Meucci è privato da decenni delle sue officine che costituivano uno strumento fondamentale per la preparazione degli allievi destinati a supportare con le loro competenze il tessuto produttivo locale nel campo della meccanica, dell’elettrotecnica e dell’informatica. Il Liceo Palma negli ultimi anni, dopo aver dato vita all’indirizzo musicale, è stato talvolta costretto a rifiutare le iscrizioni per mancanza di spazi, anche se sembra ad oggi aver trovato un equilibrio più stabile grazie alla possibilità di utilizzare i locali di edifici che una volta erano di proprietà dell’Amministrazione comunale, senza contare la perdita di valore dal punto di vista dell’avvio all’esercizio di professioni legata alla trasformazione dell’istituto d’arte in liceo artistico. Infine, la paradossale situazione del liceo Fermi che ospita un liceo sportivo, oltre a un liceo scientifico, pur essendo privo di palestre e di adeguati laboratori. In sostanza non c’è una scuola che possa soddisfare i bisogni formativi, sul piano delle risorse fisiche e strutturali, in modo adeguato. A ciò si è aggiunta la difficoltà di programmazione delle risorse a livello provinciale anche a causa delle rivalità tra istituti scolastici proiettati in una sorta di concorrenza basata sulla caccia alle iscrizioni dalla logica dell’analogia con l’impresa e dalla spada di Damocle dei numeri di studenti necessari per la conservazione dell’autonomia.
Per quanto riguarda il primo ciclo, nel comune di Massa sono presenti 15 scuole dell’infanzia statali, 23 scuole primarie e 6 scuole secondarie di primo grado gestite da 6 istituti comprensivi. Il patrimonio edilizio è notevole ma molti edifici anche per quanto riguarda il primo ciclo sono datati anche se non considerati vetusti (edifici costruiti da oltre 50 anni). L’unico edificio del genere è la sede della scuola secondaria di primo grado Malaspina. Sono comunque necessari interventi di ristrutturazione per mettere a disposizione dei giovani studenti ambienti d’apprendimento adeguati ai bisogni formativi dell’epoca in cui stiamo vivendo, compresa la presenza di spazi verdi, in particolare il verde attrezzato per le scuole dell’infanzie e le primarie, gli spazi per le attività motorie. Inoltre, è da tenere presente l’opportunità, dove è possibile, di evitare la formazione di classi troppo numerose e permettere l’istituzione di classi meno affollate per salvaguardare in particolare le scuole periferiche e i paesi della montagna. Se ciò non sarà possibile, sarà necessario attivare politiche per la famiglia e la tutela sociale e culturale delle zone a rischio di degrado o di spopolamento.
È evidente che cosa può voler dire tale difficoltà in una società in cui la scuola ha difficoltà a svolgere il suo compito di principale agenzia formativa perché il suo ruolo è insidiato da agguerriti e penetranti concorrenti che hanno nei media il loro strumento più efficace. La debolezza e l’inadeguatezza delle strutture fisiche destinate a costruire gli ambienti di apprendimento rende ancora più debole, nonostante lo sforzo di tutto il personale scolastico per sopperire alle criticità, la capacità della scuola di incidere sul piano formativo dei bambini e delle bambine, dei e delle giovani e giovanissimi adolescenti. Basti pensare a che cosa può voler dire la cronica assenza di laboratori attrezzati per l’istruzione tecnica, professionale e scientifica e l’assenza di un legame con le strutture produttive presenti sul territorio, una situazione che altro non può fare che fornire l’immagine di una scuola inutile, inadeguata, obsoleta. O ancora l’assenza di biblioteche funzionanti, di spazi e di attrezzature per dare agli studenti e ai docenti la possibilità di mettere in pratica una didattica stimolante, orientata allo sviluppo della mentalità della ricerca, della partecipazione attiva alla costruzione della conoscenza come bene comune e all’esperienza scolastica come primo momento di esercizio della funzione politica della cittadinanza.
Discorso a parte deve essere fatto per la gestione dei nidi d’infanzia per i bambini da 3 a 36 mesi, di assoluta competenza dell’Amministrazione comunale, un servizio fondamentale a sostegno della lotta alla denatalità e anche alle diseguaglianze. Consentire alle famiglie di poter disporre del servizio fornito dagli asili nido, infatti, secondo quanto dicono gli esperti, soprattutto per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito, può contribuire a ridurre lo svantaggio sociale e incidere positivamente sulla crescita di chances e anche sulle differenze di genere in termini di prospettive di studio e di lavoro. Nel comune di Massa l’Amministrazione comunale gestisce direttamente sei nidi d’infanzia e uno mediante appalto, per una capienza totale di poco più di 220 bambini. Per accedere ai nidi d’infanzia comunali sono previste graduatorie e liste d’attesa per circa 25 famiglie. Il comune di Massa è abbastanza vicino a raggiungere gli obiettivi europei fissati per gli asili nido (33 bambini su 100 e Massa è intorno al 32,3 % un dato comunque inferiore alla media Toscana che è intorno al 37%, lontano dai comuni più in alto nella classifica quali Prato, Firenze e Siena che sono sopra il 42% e lontanissimo dalle medie dei paesi europei più avanzati quali l’Olanda con il 74,2%, la Danimarca con il 69,1%, ma anche la Spagna con il 55%).
Partendo da tali dati, un obiettivo primario è quindi la graduale riduzione delle liste d’attesa, obiettivo che deve essere affiancato da interventi a sostegno delle famiglie più fragili sia economicamente che socialmente. È necessario, infatti, ridurre le mancate iscrizioni dovute al costo troppo elevato del servizio. In secondo luogo, è necessario cercare soluzioni e risorse per adeguare l’orario di apertura dei nidi d’infanzia ai bisogni dell’utenza al fine di garantire un servizio efficace per le numerose famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. La Commissione europea ha infatti sottolineato la necessità di garantire un servizio basato su un adeguato numero di ore settimanali per far sì che i genitori e soprattutto le mamme non debbano abbandonare il lavoro. Infine, è necessario lavorare per raggiungere l’obiettivo europeo fissato per il 2030 del 45% di bambini che frequentano gli asili nido. Per raggiungere tale obiettivo sarà necessario non solo ampliare la disponibilità di posti negli asili nido comunali lavorando sulla programmazione, ma anche incentivare e sostenere iniziative private a partire da quelle aziendali al fine di favorire la presenza di asili nido sui luoghi di lavoro.
Massimo Ceccanti