SEZIONE "G. MAZZINI" MASSA

Contro la variazione di classe d’utilizzo dell’area Zona Industriale

Il PRI di Massa, che sempre ha contrastato la variazione di classe d’utilizzo dell’area Zona Industriale, non può che esprimere tutta la sua contrarietà alla delibera assunta dal consiglio comunale di Massa che prevede l’insediamento di una grande società commerciale di vendita all’ingrosso nell’area ex Dalmine. Contrarietà rafforzata dall’annuncio fatto dal segretario provinciale della Lega, Nicola Pieruccini, nell’incontro organizzato da Confartigianato proprio su questa problematica, che la variante Sogegross è il primo tassello di un futuro piano strutturale che punta all’apertura di tutto il territorio della Zona Industriale al commercio all’ingrosso e al dettaglio.

I repubblicani, come già più volte affermato in passato e specificato anche nel programma elettorale alle amministrative del maggio scorso, ribadisce di essere contrario a insediamenti diversi da quelli industriali e artigianali.

Una posizione che ci ha visto negli anni passati protestare per le delocalizzazioni dei depositi di marmo nella Z.I.A. perché non corrispondevano al rapporto tra metro quadro e persone impegnate, così come abbiamo avversato la scelta scellerata di realizzare la multisala cinematografica nell’area ex Dalmine. Era evidente a tutti che la delocalizzazione e l’incremento delle sale avrebbe ferito enormemente il tessuto commerciale del centro. Purtroppo, anche in questo caso abbiamo dovuto costatare la cecità dei politici e amministratori del momento.

Quindi una storia che si ripete negli anni e che dimostra la mancanza di un progetto di sviluppo economico della città. Sarebbe opportuno, anche se non condiviso da noi repubblicani, che l’amministrazione avesse il coraggio di dichiarare pubblicamente il superamento dell’area industriale – artigianale. Una scelta a nostro avviso scellerata ma che almeno indicherebbe ai cittadini la vera idea di sviluppo economico che essa ha.

Abbiamo, grazie a dottori eminenti e politici imprenditori, snaturato il ruolo del Consorzio Zona Apuana, abbiamo aperto al commerciale sfogliando la margherita, abbiamo ridimensionato con le aree di bordo il perimetro di competenza del Consorzio ed il risultato lo stiamo vedendo: aree che hanno costi elevati e uno spezzatino urbanistico. Ovviamente tutto questo territorio è ancora sotto scacco dalle bonifiche delle terre e delle falde acquifere.

In una situazione di questo genere abbiamo una nuova amministrazione che invece di evitare gli errori commessi in precedenza affonda ancora di più il tessuto economico occupazionale del territorio.

La nostra posizione certamente non è contro il commerciale, il libero mercato o contro la concorrenza, ma contro gli stravolgimenti di indirizzo del territorio.

Per quanto riguarda il commercio, pensiamo che sia davvero preoccupante l’arrivo di una grossa catena di grande distribuzione all’ingrosso perché da una parte non porterà numeri occupazionali importanti d’occupazione, mentre all’altra metterà in notevole difficoltà le aziende locali già presenti sul territorio.

Al Governo nazionale che basa la propria azione su parole d’ordine come “prima gli Italiani” e “liberismo sfrenato” nonché “premiare la professionalità”, andrebbe sottoposta la vicenda massese, chiedendogli se la scelta di penalizzare le aziende locali che operano e pagano le tasse a Massa rispecchia i suoi principi.

Per questi motivi il PRI di Massa invita l’amministrazione, considerato lo scarso convincimento delle forze di maggioranza nel difendere questa delibera in consiglio comunale, a fare un passo indietro e a rivedere questa scelta. Non è un problema di maggioranza o opposizione, ma è un problema per il futuro della città.

Note sull'autore

7 Commenti

  • Personalmente riterrei possibile ed anche opportuna una revisione della zona industriale, perché la situazione è profondamente cambiata.
    Prima c’erano grosse aziende con grandi spazi, niente commercio, poche abitazioni; oggi le aziende sono piccole, artigianali, su spazi ridotti, il commercio è rilevante e mutevole, le abitazioni sono molte e molte zone sono diventate di fatto urbane.
    I cambiamenti ci sono ma non vanno attuati con interventi singoli che, anche se locali e limitati, alterano tutto il resto; lo hanno fatto gli interventi precedenti e ne abbiamo la riprova e lo farà anche l’insediamento commerciale deciso oggi.
    Se può essere corretto -oggi- ipotizzare un nuovo uso del territorio non è però corretto procedere senza un piano, chiaro, condiviso, razionale, frutto di un’analisi del territorio tutto -anche quello meno vicino- e di una strategia sociale e produttiva partecipata e condivisa.
    A mio avviso è opportuno pensare a un nuovo piano per l’uso della zona industriale, utile per tutti, qualunque essa sia.
    Francesco

    • Condivido, e mi sembra che nel comunicato se ne parli, di una possibilità diversa di quel territorio. Io personalmente non ne sono molto convinto perché la città ha bisogno di un’area artigianale x trasferire molte attività al suo interno. Per poter fare questo le terre dovrebbero essere bonificate e i prezzi calmierati. Ruolo che aveva e dovrebbe avere il c.z.i.a.
      Detto ciò non è possibile sfogliare il territorio in questa maniera, ci guadagna il proprietario di quell’area e ci rimette la città tutta.
      Quindi se ci sono idee nuove e compatibili ben vengano, le grandi industrie che necessitano di immensi appezzamenti non c’è ne sono più può darsi che nuove idee di sviluppo possano aiutare il ns territorio.
      Grazie Francesco x il contributo.
      Giorgio

  • Cari amici repubblicani, il mio pensiero vi è noto. La situazione è molto più complessa di come ci appare dal nostro punto di osservazione. Ciò che oggi guida i processi “globali” non è la politica ma la finanza. La finanza determina l’economia. La politica (quale che sia la sua forma apparente: democrazia od altro) è solo strumento della finanza e il cittadino conta solo in quanto consumatore. Concetti identitaria quali “made in Italy” hanno solo una valenza di marketing per le classi più agiate. La gente deve accontentarsi delle “cinesate” e della bassa qualità dei prodotti. La scuola d’arte che alimentava la produzione di qualità (alto artigianato, design, ecc.) è stata bandita da anni nel silenzio più generale. Abbiamo gettato i mobili in legno massello dei nostri nonni par comprare le schifezze di “Mondo convenienza” o di Ikea.
    E ci lamentiamo che l’industria sia sparita dalla nostra terra?
    Siamo una colonia della finanza internazionale e subiamo i cambiamenti del nostro DNA che essa ci impone.
    Abbiamo allevato giovani incapaci di pensare e di votare.
    Abbiamo creduto in illusioni come la globalizzazione.
    In questo quadro la parola “popolo” non ha più significato.
    Dio è morto, come diceva Nietzsche cent’anni fa. Lo abbiamo ucciso noi.
    L’ambiente, il clima, il territorio, le relazioni tra Persone, le abbiamo uccise noi.
    Mi chiedo cosa significhi ancora “essere repubblicano”.
    …a cosa serva essere un testimone in un mondo di ignavi e di corrotti, nel quale uno conta per quello che ha e non per quello che è.
    Finché acquisteremo merci per il loro prezzo e non per la loro qualità e la loro storia, i terreni della zona industriale saranno solo “valore economico” per i proprietari.
    Non c’è progetto. Non c’è visione. Non c’è futuro.
    Claudio

    • Condivido il contenuto Claudio ; hai espresso molto bene ; ma che fare ?? Ci richiudiamo nella nostra piccola sezione rammentando il passato ??Noi siamo pochi , non corrotti ne ‘ ignavi ma questo piccolo messaggio che esce dalla sezione fa bene a noi e , con un po’ di presunzione ( tipica del nostro DNA) siamo convinti che riesca ad arrivare e far riflettere.
      Franco

  • Credo che l’immagine del presente proposta da Claudio sia abbastanza vicina alla realtà. Però possiamo guardare le cose anche da un altro punto di vista. C’è nel passato un periodo decisamente migliore di questo? Per chi? Non è il passato che dobbiamo rimpiangere ma dobbiamo rifiutare l’idea altrettanto pericolosa della nostalgia che non ci sia un’alternativa al presente. Io non sono in grado di discutere sui problemi della zona industriale di Massa perché non conosco la sua storia e per il presente ho davanti agli occhi quello che a me sembra un grave stato di degrado e abbandono, un’immagine visiva più che una conoscenza approfondita dei problemi. Sono d’accordo con Francesco a livello di prospettiva. Occorre un piano che da un lato apra alla possibilità di cambiamento ma dall’altro ancori i mutamenti ad un modello o a una speranza di sviluppo chiara e legata a delle priorità che diano identità politica al piano stesso e al soggetto che lo attua. Senza priorità prevarranno interventi isolati dettati da interessi lontani dal consolidare il bene comune. Le priorità quali possono essere? Io vedo con tristezza l’abbandono del centro da parte di commercianti piccoli e anche grandi e storici. Si sta demolendo un tessuto che non è solo economico e commerciale ma anche culturale e sociale. Può aiutare un piano per la zona industriale a fermare questo degrado urbano? Certo sono da evitare scelte come quelle della multisala nella zona industriale. Anzi è forse necessario ripopolamento il centro di luoghi che offrano servizi, cultura, centri di aggregazione. Senza vitalità il centro è destinato a morire, e la vitalità non può essere solo quella dei bar notturni. Ancora quale rapporto poi creare con tra la zona industriale e il turismo che può costituire in una zona come la nostra una valvola per arrestarne la continua decrescita tuttaltro che felice, e con quale turismo? E poi che cosa fare degli spazi lasciati vuoti da aziende chiuse spesso troppo grandi per pensare a un riutilizzo da parte di piccole aziende locali. E la presenza del Cermec? Rileggendo il comunicato dopo aver letto le osservazioni di Francesco mi viene da chiedere in nome di quale prospettiva economica, sociale e culturale dobbiamo difendere la zona industriale, artigianale e il comitato. Occorre un piano per evitare interventi in contrasto tra loro e quindi occorrono idee, proposte, a partire dalla bonifica dei terreni e delle falde. Tutto ciò per dire che occorre lottare perché la politica torni ad essere il luogo delle scelte e perché la politica sia guidata dalla competenza e dalla assunzione di responsabilità per le scelte operate e non soltanto dalla ricerca di consenso immediato.
    Per quanto riguarda la globalizzazione, che è poi il problema di fondo sollevato da Claudio, mi chiedo quanto possa essere sostenibile a livello di consenso una riduzione privatistica dei beni fruibili. Io credo che solo una crescita evidente dei beni comuni in termini di servizi e qualità dei luoghi dove viviamo potrebbe compensare un inevitabile impoverimento privato legato all’altrettanto inevitabile crescita dei prezzi. Credo sia questo il motivo, la perdita di consenso, per cui anche le forze cosiddette progressiste si tengono lontane da tali tematiche e da quelle ambientali. Ciò che infatti servirebbe allora è un profondo mutamento culturale, quasi di tipo antropologico dopo quaranta anni di falso e becero individualismo, ben lontano dal sano individualismo che vedeva nell’autonomia personale, nel senso di responsabilità e nel rispetto i cardini della comunità. Ma non per questo possiamo tirarci indietro perché ci sono figli, nipoti e così via. In qualche modo siamo responsabili di ciò che lasciamo in eredità. Per quanto riguarda i giovani penso che a volte siamo noi che non riusciamo a capire le loro richieste perché parlano un linguaggio diverso dal nostro. Ed è un linguaggio che anche noi (la nostra generazione) in modo inconsapevole abbiamo contribuito a creare.
    Massimo

    • Grazie Massimo.
      Pensiero e Azione.
      Quante volte l’azione è vuota di pensiero?
      Fare politica è una cosa complessa che può diventare molto pericolosa nelle mani di dilettanti. Non voglio con ciò dire che sia “roba da professionisti” ma certamente alla politica si deve essere avviati attraverso un percorso di formazione, anche ideologica (parola fuori moda!).
      Troppo spesso le conseguenze sono disastrose perché mancano le premesse giuste. Spesso mancano solo le premesse e basta.

Scritto da admin
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